Cura e traduzione di Palmiro Togliatti
Edizione integrale
Pubblicato nel 1763, il Trattato sulla tolleranza è forse il più famoso tra le opere di Voltaire. È una riflessione sulla libertà di credo, sul rispetto delle opinioni e sui cardini di quella che definiremmo società civile. A ispirare questo celebre libello era stato il caso Calas (1762). Marc-Antoine Calas, figlio di un commerciante protestante ugonotto, era stato trovato impiccato e per il suo assassinio era stato imprigionato, giudicato e condannato a morte per tortura il padre, sulla base di un processo indiziario: l’uomo avrebbe ucciso il figlio perché questi aveva intenzione di convertirsi al cattolicesimo. La società, intendendo condannarlo, aveva cavalcato il fanatismo religioso, fino all’uccisione di un innocente (il figlio in verità si era suicidato). In favore della ragione e di una giustizia che sappia adoperare la carità e l’indulgenza contro ogni abuso della morale religiosa parla Voltaire. «Se si considerano le guerre di religione, i quaranta scismi dei papi che sono stati quasi tutti sanguinosi, le menzogne, che sono state quasi tutte funeste, gli odi inconciliabili accesi dalle differenze di opinione; se si considerano tutti i mali prodotti dal falso zelo, gli uomini da molto tempo hanno avuto il loro inferno su questa terra».
Come nella Francia del XVIII secolo, la presenza di forti contrasti ideologici-religiosi ai giorni nostri rende attuale, e quanto mai indispensabile, la lettura o la rilettura di uno dei capisaldi della filosofia di tutti i tempi.
«La tolleranza è una conseguenza necessaria della nostra condizione umana. Siamo tutti figli della fragilità: fallibili e inclini all’errore. Non resta dunque che perdonarci vicendevolmente le nostre follie».
Voltaire