IL CADAVERE LASCIATO NELLA VIGNA DEL BARONE È UN'ONTA PER BLASONE E PORTAFOGLIO
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GIALLO STORICO / MARCELLO SIMONI
Il cadavere lasciato nella vigna del barone è un'onta per blasone e portafoglio
Vitale Federici e il discepolo Bernardo della Vipera indagano su un delitto che sembra legato al mondo del vino Ambientato nella Toscana di fine Settecento, un caso di criminalità rurale si ammanta di misteriosi risvolti
di GIANCARLO DE CATALDO
Granducato di Toscana, dicembre 1793. Mentre percorre le dolci colline, addentrandosi fra i filari di viti minacciate nella stessa sopravvivenza da una terrificante tormenta di neve, mastro dell'Otre, fattore e uomo di fiducia del barone Calendimarca, s'imbatte nel cadavere di Giovanni Villafranchi, agente di commercio specializzato in transazioni di vini pregiati, e a sua volta dipendente del barone. Lamberto Calendimarca è «flaccido, con gli occhi vacui e un mento ridicolo che pareva unirsi al collo, offriva un'immagine di mediocrità pari alla maggior parte dei nobili con i quali il giovane precettore aveva già avuto a che fare in vita propria». Non un mostro di simpatìa, e nemmeno d'intelligenza, però perfettamente conscio del proprio privilegio, e pronto a ostentarlo a ogni piè sospinto. In vista del Natale, è stato ordinato a castello un presepe di pregevole fattura fiorentina. Laddove gli artigiani hanno modellato pastorelli dalle espressioni irriverenti, il barone «aveva fatto collocare tre sontuosi re magi avvolti in abiti di velluto e pelliccia, con turbanti decorati di lapislazzuli e trine, come a voler suggerire che, a differenza dell'umiltà predicata da Cristo, nobiltà e ricchezza conservavano i loro privilegi anche al cospetto del Salvatore». Il ritrovamento di un cadavere nella proprietà, in sostanza, è, per Calendimarca, da un lato un oltraggio al blasone, dall'altro un concreto pericolo sotto il profilo economico, posto che il defunto Villafranchi ne gestiva i commerci, incentrati sulla produzione, distribuzione e vendita degli eccellenti vini toscani. Per venire a capo del mistero, il barone si affida a Vitale Federici, che coinvolge nell'impresa il suo devoto pupillo, Bernardo Della Vipera, giovanissimo rampollo di una famiglia dell'alta nobiltà, sedotto dal sapere e dalla scienza, in rotta con il padre che lo vorrebbe destinato al mestiere delle armi.
In un inverno di quelli di una volta, con gelo e tempeste che mettono a dura prova la resistenza del viandante, Vitale e Bernardo approdano al castello dei Calendimarca. Dove immediatamente si renderanno conto di quanto pericoloso possa rivelarsi il compito che si assume colui che si propone di squarciare il velo della menzogna e dell'ipocrisia. Anche se aveva fatto la sua comparsa in sporadici racconti precedenti, con questo romanzo Vitale Federici assume un convincente «status» di protagonista, e lascia intendere la possibilità di una nuova saga a firma di Marcello Simoni.
Simoni è la punta di diamante del nostrano crime storico. Si sostiene che il romanzo poliziesco a sfondo storico «funzioni» quanto maggiore è l'aderenza dell'autore all'epoca descritta. Simoni è stato archivista e bibliotecario, possiede una conoscenza persino imbarazzante di varie epoche storiche - da Bisanzio alla Rivoluzione Francese passando per l'alto Medioevo - ma la forza delle sue storie non si esaurisce nell'accuratezza nella ricostruzione storica: a volte, quando gli autori esagerano, la sovrabbondanza dei dettagli diventa pedante, e scorrono decine di pagine che appaiono come una versione nobilitata di Wikipedia. Non è il caso di questo quasi cinquantenne comacchiese, figlio di una terra accompagnata da sempre dalla fama di coltivare una simpatica, diffusa eccentricità: Simoni ci informa quel tanto che serve degli usi e costumi del tempo andato, ma poi, quegli usi e costumi, ce li fa vivere nelle azioni (e nei conflitti), con un talento di narratore fluido, capace di articolare trame complesse, e mai disgiunte dall'attenzione al mondo interiore dei caratteri e alle tematiche centrali dell'epoca presa in considerazione. Nella Taverna degli assassini, piano piano, attraverso un accumulo magistrale di indizi, un caso che potremmo definire di comune criminalità rurale, si ammanta di misteriosi risvolti che investono un «altro livello», ben più elevato, e per giunta connesso allo «spirito dei tempi». La strana coppia Vitale- Bernardo è un esplicito omaggio ai frati investigatori de II nome della rosa. Ma, nello stesso tempo, mentore e allievo sono personaggi decisamente «simoniani». Bernardo è un giovane impaziente, ma di conoscere, non di menare le mani. E il maestro è un laico, logico, scientista. Che siano ambientate nell'anno Mille o nel secolo dei Lumi, le avventure di Simoni raccontano, in altri termini, la sfida eterna fra l'oscurantismo e chi combatte per la verità. Verità che, per gli eroi di Simoni, come la scienza, non fa sconti a nessuno, e non tollera limiti di religione, censo, classe. Anche se, sfortunatamente, troppo spesso verità e felicità non possono coesistere. Anzi, per dirla con Vitale, che al riguardo non ha dubbi, «l'una poteva esistere solo in assenza dell'altra».
04/11/2023